Nel 2017 Sirine ha combattuto anche fuori al ring, appellandosi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, affinché gli concedesse la cittadinanza italiana per meriti sportivi. Non ha mai ricevuto una risposta.
San Prisco, Caserta. Ancora una volta pugilato, ancora una volta la Campania. Il mistero dei talenti della boxe nella Regione, si infittisce sempre più. A pochi chilometri da Marcianise e da Torre Annunziata, è proprio in questo paese di dodicimila anime che la storia del pugilato italiano e il suo presente, tornano protagonisti. Questa volta sotto il segno del cognome Perugino, una famiglia di strepitosi successi nella nobile arte.
La Tifata Boxe Prisco Perugino è attiva dal 1977, quando Giuseppe Perugino, cominciò a coltivare campioni a partire proprio dai suoi figli: Prisco Perugino, 5 volte campione tricolore e Antonio Perugino, Campione del Mondo nei pesi medi nel 1999.
Giuseppe non ha mai smesso di seminare il futuro. Ancora oggi allena ragazzi e ragazze. Ancora oggi, Giuseppe, allena Sirine Charaabi, casertana doc, figlia di genitori tunisini, trasferitasi in Italia quando aveva due anni. Quattro anni dopo, a cinque, la bambina Sirine sarebbe entrata nella palestra dei Perugino, e non ne sarebbe mai più uscita.
Giuseppe quando vide per la prima volta quella fanciulla tirare a sacco con i guantoni, non ebbe dubbi: capì che dentro di lei c’era la stoffa della campionessa, e quella bambina mancina, veloce di gambe e negli spostamenti, una volta cresciuta, non ha deluso le sue aspettative, vincendo trofei e medaglie a suon di una boxe tecnica e di rimessa.
2017. Sirine dopo una serie di incalzanti vittorie, viene convocata in Nazionale. Sul suo curriculum sportivo ci sono molti successi: fra questi, due titoli italiani, e il Guanto D'oro. La Nazionale per lei è un sogno che si avvera. Ma c’è solo un problema a ostacolare il realizzarsi dei suoi obiettivi:
Lei non può gareggiare in competizioni ufficiali, perché la legge italiana non le riconosce la cittadinanza.
È una minore figlia di stranieri, e per richiedere la cittadinanza, dovrebbe aspettare la sua maggiore età. Ma nel mentre Sirine si è qualificata per gli Europei e per i Mondiali e se non ottiene la cittadinanza, non potrà gareggiare. Per lo Stato Sirine, casertana, non è italiana.
È il 2017, il 7 maggio la boxeur compie diciotto anni, ma è già troppo tardi. Deve rinunciare al suo sogno di poter battersi per la sua nazione, l’Italia, non per impedimenti sportivi, ma legali.
Prima della doccia fredda dell'ingiustizie, nella primavera del 2017 credeva ancora al suo sogno. Fino a quel momento lei aveva partecipato ai collegiali di Assisi, allenandosi e preparandosi insieme agli altri atleti della nazionale, compresa Irma Testa. Le due pugili campane, sempre nel 2017, avevano vinto insieme la Women Boxing League, il campionato italiano di boxe femminile a squadre.
Entrambe eccellenze, entrambe baciate dal genio sportivo, entrambe pronte a vincere sul ring per la loro nazione. Irma ha potuto gareggiare negli incontri ufficiali, Sirine, invece, nella primavera del 2017, si è vista stracciare dalla legge italiana il suo talento sportivo.
Sostenuta dalla Federazione Pugilato Italiana, aveva deciso di combattere anche fuori dal ring, in rappresentanza di migliaia di ragazzi e ragazze nelle sue stesse condizioni: quegli italiani di seconda generazione, mai riconosciuti dalla Legge. Aveva lanciato una petizione su change.org appellandosi al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché le riconoscesse la cittadinanza per meriti sportivi. Era l’unica possibilità che le avrebbe permesso di ottenere la cittadinanza prima dei diciotto anni, che le avrebbe permesso di continuare il suo percorso con la nazionale.
Nonostante l’esposizione di membri del parlamento e dei media, e dei precedenti casi di cittadinanza concessa per meriti sportivi, la sua richiesta rimane tutt'oggi ignorata. Una sconfitta sociale, così come la legge sullo Ius Soli non è mai stata approvata. L’epilogo della vicenda è stato come quello dei tanti giovani italiani, figli di stranieri, lasciati nel cono d’ombra della discriminazione dallo Stato italiano.
Sirine ha iniziato a fare Boxe a soli cinque anni, lanciata da una passione coltivata con suo cugino. Entrambi divoravano insieme i filmati di Muhammad Ali delle sue battaglie, dentro e fuori dal ring.
Dopo diciassette anni in Italia, Sirine coltiva ancora il suo sogno e la sua passione. La Boxe è la sua vita e non può far altro che continuare a lottare per per la sua ragione, dentro e fuori dal ring, battendosi per un senso del diritto e della giustizia, che ancora oggi resta inascoltato.
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