Se in Cuban Dancer le maggiori problematiche vissute dal protagonista Alexis sono legate principalmente al suo trasferimento negli Stati Uniti, i giovani ballerini di sesso maschile si trovano spesso ad affrontare un grandissimo ostacolo durante il loro percorso di formazione: il bullismo.
Al pari di tutte le altre discipline sportive, la danza richiede impegno, costanza e allenamento, ma per i danzatori a volte le difficoltà più grosse giungono dall’esterno. Più del duro lavoro e delle difficoltà fisiche, dunque, sono proprio i bulli a causare il maggior numero di problemi nei giovani che decidono di muovere i primi passi nel mondo della danza classica.
Con le sue movenze gentili, i body attillati e le scarpette a punta, nell’immaginario pubblico la danza classica ha da sempre una connotazione femminile, non è “roba da maschi”. Di conseguenza, i ragazzi che ballano vengono spesso etichettati come “femminucce”, “gay” o con altri epiteti. A tal proposito, nel 19° secolo Théophile Gautier, tra i fautori più autorevoli del Romanticismo e autore del libretto di Giselle, scrisse disgustato: “Per noi, un danzatore è la cosa più mostruosa e indecente che si possa concepire. […] Non c’è nulla di più abominevole di un uomo che mostra il collo rosso, le grandi braccia muscolose, le gambe con polpacci da guardiano parrocchiale e tutta la pesante ossatura virile agitati da salti e piroette”.
Fortunatamente i tempi sono cambiati da allora, ma lo stigma che colpisce i danzatori continua a esistere, come si evince dal documentario Danseur di Scott Gormley. Partendo dalla propria esperienza personale di padre di un piccolo danzatore e dai risultati di un sondaggio che rivela che il 96% dei ballerini maschi ha dichiarato di aver subito attacchi fisici o verbali a causa della danza, il documentario ambientato negli Stati Uniti affronta una serie di quesiti: in un Paese che si batte per l'uguaglianza di genere, dove le giovani donne sono incoraggiate ad attraversare le barriere di genere e partecipare a campi dominati dagli uomini, specialmente dai loro genitori, esiste questa disparità? Perché è socialmente più accettabile per i genitori (i padri, in particolare) incoraggiare i propri figli a partecipare a tutte le altre attività fisiche, ma non al balletto?
"Non volevo smettere di ballare, volevo solo che la smettessero di prendermi in giro. C'era un giovane studente della mia classe che era implacabile” commenta Patrick Frenette, ballerino dell'American Ballet Theatre, all’inizio del documentario. “Se inciampavo nel camminare lui diceva: 'Attento, piedini d’oro’. Se alzavo la mano e rispondevo in modo errato a una domanda, sentivo un simpatico ‘Bravo, Bojangles’, racconta invece Anthony Russo, che veniva spesso chiamato “Dancing Queen” da un altro compagno di classe.
Queste tristi storie accomunano i percorsi di molti ballerini maschi, che nel corso della loro formazione sono costretti a sopportare vessazioni di ogni tipo: sbeffeggi, intimidazioni fisiche, cyberbullismo e, nel peggiore dei casi, anche minacce di morte.
La paura del bullismo non ha risparmiato nemmeno la stella italiana della danza classa, Roberto Bolle: “Il mio rapporto con la danza non lo condividevo con gli altri compagni di scuola o i semplici amici; ho iniziato a parlarne solo quando sono arrivato alla Scala.” Il ballerino e coreografo americano Chris Bell ricorda invece di essere stato regolarmente chiamato "femminuccia" durante tutta la scuola media e superiore.
Se in Italia la percezione della danza classica è cambiata molto in questi ultimi anni, il merito è proprio di modelli positivi che hanno conquistato anche il piccolo schermo come Roberto Bolle, protagonista del programma “Danza con me”, e Kledi Kadiu, noto nel nostro Paese soprattutto per la partecipazione a uno dei programmi più amati dai giovanissimi, Amici di Maria De Filippi. Non bisogna però dimenticare l’importante lavoro svolto dalle scuole di danza presenti su tutto il territorio italiano, che giorno dopo giorno cercano di abbattere gli stereotipi e i pregiudizi sulla danza maschile, sfatando uno dei miti riguardanti questa disciplina: i ballerini sono esseri deboli e delicati. È vero il contrario: la danza richiede forza, costanza, determinazione e allenamento, ma anche un costante contatto con le proprie emozioni, un notevole sforzo cerebrale di concentrazione e una straordinaria capacità di ascolto musicale.
Non sorprende, quindi, che nella vita di personaggi notoriamente associati alla figura del “macho” la danza abbia avuto un ruolo fondamentale. Jean-Claude Van Damme, ad esempio, ha studiato ballo per cinque anni nella sua giovinezza e confessa di aver trovato in questa disciplina la chiave per la sua elasticità e flessibilità. Arnold Schwarzenegger, invece, ha seguito classi di danza per migliorare la postura quando faceva il culturista. Infine l’ex calciatore del Manchester United, Rio Ferdinand, ha scelto la carriera calcistica rinunciando a una borsa di studio in una scuola di danza.
CUBAN DANCER è un film di Roberto Salinas con le coreografie di Laura Domingo Aguero e le musiche di Beta Pictoris
Prodotto da Indyca, Film Option International, Valdivia Film. Vendite internazionali:
Deckert Distribution GmbH | Film Option International. Distributore per l'Italia: Istituto Luce Cinecittà
#ballerininelmondo #dancer #dancerlife #maledancers #scuoladidanza #cubandance #cuba Indyca | Rai Cinema | Filmoption International | #ValdiviaFilm | Micro-Documentaries | Roberto Salinas | Istituto Luce Cinecittà | Deckert Distribution GmbH | TorinoFilmLab | Film Commission Torino Piemonte
Commenti